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Periscope: fenomenologia di un successo annunciato – “pro e contro” dell’app a due mesi dal lancio

Periscope: fenomenologia di un successo annunciato – “pro e contro” dell’app a due mesi dal lancio

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Sono passati ormai due mesi dal lancio di Periscope ed è tempo di bilanci: l’app, che sin dai primi giorni si è imposta a ritmi di diffusione altissimi grazie a caratteristiche semplici ma innovative, è diventata da subito strumento prezioso anche per brand e attività di marketing.

Sviluppata da Kayvon Beykpour e Joe Bernstein, l’app si è resa disponibile in un primo periodo esclusivamente per iOS; da qualche settimana invece è stata estesa anche a tutti gli utenti Android, e sebbene i primi dati non abbiano confermato le aspettative previste, c’è ancora tempo per vedere esplodere il fenomeno tra un’utenza potenzialmente molto più estesa di quella Apple.

 

Ma concentriamoci ora sulla App. Che cos’è e come funziona?

Periscope consente di realizzare streaming video in diretta segnalando l’evento mediante notifica a tutti i follower o anche a un gruppo selezionato.

Ogni follower può entrare nel video e interagire con il videomaker mediante messaggi e cuori, in segno di like. Colui che sta filmando può vedere quante persone sono connesse e a sua volta replicare ai messaggi.

Per far sì che si possa vedere il contenuto anche successivamente ogni video resta disponibile per 24 ore.

Man mano nel tempo sono stati rilasciati aggiornamenti e migliorie: da qualche giorno l’app è anche in italiano (insieme ad altre 28 lingue) e dotata di una mappa interattiva utile a selezionare i video in base all’area geografica di provenienza.

Sebbene per utilizzarla sia necessario disporre di un account Twitter, è comunque possibile visionare i video degli utenti mediante computer e predisporsi ad un uso per così dire “passivo”: la piattaforma, non ufficiale, si chiama www.onperiscope.com, ed aggrega ogni contenuto prodotto in ogni parte del mondo, visualizzabile comodamente da pc.

È chiaro però che questo utilizzo passivo della app, ovvero la limitazione della visualizzazione senza interazione, è qualcosa che non esalta al meglio le potenzialità della app e dunque poco incoraggiato dall’azienda.

Concettualmente, Periscope si presenta come uno strumento social ma al tempo stesso come una piccola web-macchina del tempo: capace di dare luogo ad una sorta di “presente parallelo” a e in ogni punto del mondo, creatrice di un “adesso” che non smette mai di esser tale.

Una chicca relativa alla app e a un’influenza, probabilmente involontaria, nei confronti di un costume diffuso tra i possessori di smartphone e device mobili è quella per cui considerato come i video in genere nascano con l’orientamento orizzontale in questo caso non è possibile ruotare il device per “raddrizzarli” nel verso giusto: i video di Periscope sono in formato verticale dunque il concetto verso “giusto” perde ogni tipo di valore.

 

Chi ha utilizzato l’app e cosa ci ha fatto

Proprio perché da subito si sono comprese le potenzialità dell’app moltissime personalità dello spettacolo hanno deciso di mostrare e condividere con i propri fan ciò che stava succedendo in sala prova o magari dietro le quinte: da Jovanotti a Fiorello, passando per The Voice.

La Red Bull ha fatto un video di ciò che accadeva dentro la Red Bull Guest House durante la Miami Music Week, oppure Adidas ha filmato il momento in cui il calciatore James Rodriguez firmava il rinnovo del contratto.

Addirittura il Cardinale Scola ha utilizzato la App per trasmettere in diretta la Messa di Pasqua

e il PD ha mandato live il discorso di Renzi alla direzione del partito. 

Ancora SkyScanner ha saputo cogliere la potenzialità del mezzo collegandola al mondo dei viaggi e del turismo “esperienziale”: il 3 aprile, dopo soli 5 giorni dal lancio dell’app, l’azienda ha dato vita all’operazione#24hPeriscope, per cui ogni ora per 24 ore un totale di 21 travel blogger si è collegato girando minivideo da parti diversissime del pianeta condivisi poi dall’account ufficiale.

Hanno funzionato insomma gli eventi, i dietro le quinte o le anteprime assolute, come quella fornita dal retailer di elettronica italiano Gli Stockisti, che ha proposto su Periscope l’unboxing di alcuni nuovi prodotti. Una sorta di televendita 3.0, laddove l’azienda ha coinvolto il blogger e influencer Francesco Graziani per realizzare due eventi in cui sono stati presentati due nuovi modelli di device mobili. Al termine di uno degli eventi si annunciava uno sconto in diretta del 37% su 50 smartphone, e l’operazione ha fatto soldout in 35 minuti. L’analisi della retention è stata ottima: gli utenti collegati sono rimasti connessi per tutta la durata della presentazione con un tasso del 100%.

 

In che modo fare marketing con questa App?

Appare chiaro dunque come già moltissimi brand abbiano sfruttato le potenzialità dello strumento. 

L’app indubbiamente accorcia le distanze tra potenziali consumatori e brand, e oggi vediamo come poter sfruttare ulteriormente le ancora insondate funzionalità di Periscope.

Un medico potrebbe far filmare un piccolo momento di un suo intervento dimostrativo ad un congresso per condivederlo su Twitter, oppure un influencer invitato ad un evento potrebbe livetwittare direttamente in video.

Un’azienda come BlaBlacar potrebbe pensare di livetwittare un viaggio ben riuscito per tramettere a ipotetici clienti la sensazione positiva del servizio offerto e ridurre timori o perplessità.

L’app di fatto, nella sua semplicità, è istantea e immediatamente coinvolgente. Lo spettatore, potenziale consumatore, può essere richiamato in situazioni capaci di coinvolgerlo come se stesse assistendo a qualcosa di unico.

Scegliendo un influencer strategico e delegando a lui la comunicazione di un brand l’azienda può essere presente e arrivare all’utente, essere avvicinata e correttamente veicolata proprio in quanto l’influencer capace, attraverso la fiducia, l’attaccamento e l’adesione garantite dai suoi follower, a suggerire senza imporre il prodotto in questione, proprio perché scelto “davvero”, coerentemente con i veri interessi e parametri di gusto dell’influencer (i veri influencer sono tali perché eletti naturalmente dal pubblico, non dimentichiamolo mai).

Con Periscope l’utente può insomma vivere l’esperienza, letteralmente, attraverso gli occhi dell’influencer: potrà dunque percepire e sentire il prodotto senza il peso e il condizionamento o ancora la freddezza dei messaggi diretti dell’azienda.

 

Criticità

Concludiamo l’analisi con un qualche considerazione sui punti di criticità: naturalmente, come per ogni cosa, anche Periscope ne presenta e vanno considerati per ogni strategia.

Proprio perché i contenuti sono pensati per l’attimo presente e dunque contemporanei alla realtà, sono allo stesso tempo concepiti senza pensare alla loro durata.

Questo perché nel “dopo” che verrà a quel tale evento non avrà più troppo senso partecipare.

Vale a dire: sebbene sarà possibile recuperarlo, l’app nasce come strumento che agevola l’interazione istantanea tra utenti uniti dalla registrazione di un evento. La visione successiva dunque, e per questo “passiva”, nonostante possibile, non è poi così interessante e rilevante.

Ogni azienda dovrà tener conto di questo aspetto fondamentale di “assenza di conservazione” del live streaming: quello che dovrà andare in onda dovrà essere necessariamente esclusivo e, come dire, irrinunciabile da seguire.

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