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Spunte blu a pagamento su Meta? Mark, sei proprio sicuro?

Spunte blu a pagamento su Meta? Mark, sei proprio sicuro?

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Zuckerberg ha spiazzato ancora una volta tutti annunciando dal suo blog il lancio di “Meta Verified”, un sistema di verifica degli account con spunte blu a pagamento. L’operazione è partita in Australia e in Nuova Zelanda ma a breve avrà un’estensione globale in tutto il mondo.

Nuovo modello, ci viene da dire, ma vecchi problemi. Perché sebbene sia una novità assoluta per i social di Menlo Park, il modello di business è già stato sperimentato dal “nuovo” Twitter targato Elon Musk, scatenando non poche rimostranze da parte degli utenti, e generando veri e propri casi mediatici e non solo.

La proliferazione di profili fake scambiati per profili reali grazie alla spunta blu comprate ha generato confusione negli utenti, e persino problemi legali e gigantesche conseguenze economiche. Il caso forse più eclatante di quanto possa essere stato dannoso questo modello è quello dell’azienda farmaceutica statunitense Eli Lilly, di cui vi parleremo più avanti.

Tornando a Meta, quanto costerà la spunta blu?

La certificazione di autenticità dei profili Facebook e Instagram costerà 11,99 $ al mese su pc e Android e 14,99 $ al mese su iOS. Zuckerberg però rilancia e introduce ulteriori vantaggi per chi sceglierà di acquistare il proprio badge: ai profili “paganti” verrà garantita infatti maggiore esposizione nel feed, e dunque una maggiore visibilità dei contenuti prodotti, oltre ad una sorta di assicurazione che li tuteli da furti di identità e al supporto tecnico dedicato.

E qui che si solleva il dubbio amletico, perché sebbene questo rilancio possa sembrare un incentivo per l’acquisto del badge (Meta Verified punta a 12 milioni di profili verificati entro il 2024, per un guadagno di circa 1,7 miliardi di dollari) in realtà potrebbe generare un massiccio abbandono delle piattaforme.

L’aumentata visibilità dei paganti, infatti, porterà probabilmente ad un feed più “marchettaro” e denso di contenuti pubblicitari e meno attento agli interessi dell’utente, impoverendo l’esperienza sui social e spingendo probabilmente molti a migrare verso lidi meno affollati di venditori.

Un altro punto controverso è certamente la sicurezza degli account: con questa configurazione, in sostanza, si divide l’utenza in due campionati, uno di serie A e utenti di serie B. Chi sarà disposto a pagare avrà funzionalità di sicurezza avanzate ed un canale preferenziale per l’assistenza, scelta questa che potrebbe risultare presto impopolare.

A differenza del primo tentativo di Twitter, però va detto, i social di Manlo Park tenteranno di arginare il fenomeno dei profili falsi richiedendo i documenti d’identità al momento dell’acquisto del badge.

I precedenti: Musk ed il disastro Blue

Il lancio di Blue, il sistema di verifica a pagamento di Twitter, lanciato nel novembre 2022, è risultato sin da subito problematico. Nelle prime settimane, infatti, il social che cinguetta ha assistito ad una proliferazione di profili fake tale da costringere Musk a fare immediatamente marcia indietro, salvo poi reintegrare il sistema (rivisto ma non troppo) senza troppi proclami a dicembre.

Anche dal punto di vista economico l’esperimento Blue non ha reso quanto sperato: sono solo 290mila le spunte acquistate, a fronte di una fin troppo rosea previsione di 69 milioni di profili verificati entro il 2025.

Le più recenti toppe ai numerosi buchi nel progetto sono l’introduzione di un sistema di verifica dell’identità manuale per limitare la crescita del numero di profili fake verificati, e la diversificazione delle spunte. Da qualche tempo infatti sono apparse spunte color oro per le aziende e argento per gli enti governativi, mentre resteranno blu per i profili di personaggi pubblici.

Il caso Eli Lilly, conseguenze reali della cattiva gestione della verifica dei profili

Antefatto: il 5 novembre 2022, Elon Musk, neo proprietario di Twitter, lancia il nuovo modello di verifica dei profili. Il nuovo sistema prevede la concessione dell’agognata spunta blu, prima riservata ai profili verificati di aziende, personaggi famosi e istituzioni, a chiunque paghi una fee di 8 $ al mese.

Poco tempo dopo, un utente (che sia stato un buontempone o un malintenzionato poco importa) ha beffato l’intera community creando un profilo fake di Eli Lilly, nota azienda farmaceutica statunitense, comprando il “bollino” di profilo verificato, clonando di fatto il profilo originale dell’azienda.

Gli eventi che sono seguiti sono l’ennesimo esempio di quanto qualsiasi cosa accada online ha una ripercussione sul mondo reale, spesso e volentieri disastrosa.

Il 10 novembre 2022 il profilo fake (vestito di verifica) ha annunciato con un Tweet la volontà di distribuire insulina gratuitamente.

La natura clamorosa della rivelazione ha in poco tempo scatenato una tempesta di retweet e condivisioni su altri social, moltiplicando esponenzialmente la diffusione della notizia (falsa).

Tweet del profilo fake di Eli Lilly Tweet del profilo fake di Eli Lilly

 

Il risultato? Azionisti nel panico e drastico calo in borsa: il giorno seguente all’annuncio fake, l’11 novembre 2022, le azioni di Eli Lilly hanno registrato un netto -5,56%

 

Il crollo in borsa di Eli Lilly dopo il tweet del profilo fake Il crollo in borsa di Eli Lilly dopo il tweet del profilo fake

A poco è servita la

smentita immediata dell’azienda dal suo account Twitter (quello vero), la fake news aveva già fatto il giro del mondo. C’è voluto qualche giorno prima che la situazione azionaria tornasse alla normalità.

 

 

Tweet di smentita del vero profilo di Eli Lilly Tweet di smentita del vero profilo di Eli Lilly

Conclusioni: la storia insegna, ma non ha scolari.

Dopo l’esperienza negativa di Blue, il tentativo di Zuckerberg di risollevare le sorti delle sue piattaforme, in attesa di un metaverso che sembra ancora lontano, appare come un estremo tentativo di monetizzare in vista di possibili future “migrazioni di massa” verso altre piattaforme ed altri dispositivi, ma il rischio di dare un’altra botta a Meta, pare piuttosto concreta.

Gli esperti del settore infatti sembrano convenire sul fatto che questo modello può funzionare se, e solo se offrirà un’esperienza radicalmente diversa e più accattivante, cosa che non sembra rispecchiare i piani di Menlo Park. Chi vivrà vedrà!

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